MEMORIA E TERZA ETA’: i segreti per una super memoria anche dopo i 60 anni

Noi nasciamo con 100 miliardi di neuroni e questi neuroni muoiono e non si rigenerano (questo almeno è quello che ha detto la scienza finora): vista così in vecchiaia sembreremmo tutti destinati al rintronamento!!!

In realtà quelli che muoiono sono una parte minima rispetto a quelli che rimangono, sempre che sia ancora vero che i neuroni non si rigenerano; di recente sembra che stiano dimostrando il contrario e ci sono persone che muoiono oltre 100 anni con tutta la lucidità di questo mondo.

Sempre più spesso vengono ai miei corsi persone con la “sindrome dell’Alzheimer”, come la chiamo io 🙂 : mai successo di andare in una stanza per prendere una cosa specifica e poi mettersi a fare altro  e uscire dalla stanza senza aver preso quella cosa specifica?

alzheimer-anziani1Credo che succeda a tutti! Succede anche a me! Ma tante persone prendono questo come un primo sintomo che potrebbe essere affette da Alzheimer.

Nel 99,9% dei casi la malattia (quella vera) non c’entra niente.

Basterebbe analizzare la situazione precedente: entro in una stanza con lo scopo di prendere una cosa ma vengo distratto da altro…quindi qual è la causa della dimenticanza?

La distrazione, il non aver vissuto “qui e ora” come si sente spesso dire anche nei corsi di meditazione! Purtroppo siamo quasi tutto il giorno concentrati o sul futuro a pensare a quello che dovremo fare o sul passato a rimuginare, stiamo invece poco nel presente!

“Ma l’età? quella c’entra e come!” potrebbe dirmi un over 60…. In realtà anche qui l’età c’entra relativamente. Se un settantenne va a correre tutti i giorni e fa una gara con un ventenne che non fa sport e non si allena, chi vince? La memoria può essere paragonata ad un muscolo del corpo. Più si allena più è funzionante e tonica. Riflettiamo su questo:quando andiamo a scuola teniamo la mente allenata dalle 5 alle 8 ore al giorno minimo, dai 6 anni ai 19, ben 13 anni, su fronti diversi (matematica, storia, geografia, musica, disegno…): è come dire che facciamo 7-8 sport diversi dalle 5 alle 8 ore al giorno per 13 anni consecutivi. Quando smettiamo di studiare e cominciamo a lavorare ci specializziamo su alcuni argomenti; è come dire che cominciamo a fare uno sport solo anziché 7-8 diversi…alcuni muscoli non li usiamo più! Una volta arrivati alla pensione molti si dicono “ora mi riposo” e non fanno più niente: è come dire mi metto sul divano e non faccio più movimento; i muscoli perderebbero completamente di tonicità! Io ho giocato per 10 anni a pallavolo e ricordo perfettamente che bastavano poche settimane (settimane, non anni!) di stop e  riprendere gli allenamenti era faticosissimo!

Allora cosa fare per tenere la memoria in forma? Leggete tanto, fate esercizi di enigmistica, giocate a carte, imparate ad usare la tecnologia anziché rifiutarla, iscriversi a corsi nuovi su argomenti di cui non conoscete niente, fate ginnastica, osservate la bellezza della natura e soprattutto pensate che anche se siate andati in pensione avete ancora un posto nel mondo! Purtroppo alcune persone che arrivano alla pensione senza passioni o hobby particolari e non se ne creano, dentro si sentono inutili alla società, non hanno più motivazione nel vivere e si lasciano andare: ricordatevi che la data di morte e quella di sepoltura devono coincidere! Alcuni sembrano già morti molti anni prima di essere sepolti. Ci sono infiniti modi per tenersi impegnati….

Da qualche anno mi diverto tantissimo perché tengo corsi di tecniche di memoria Over 60 ed è bellissimo vedere persone che arrivano al corso senza speranza, uscire con una nuova forza e con la dimostrazione pratica che non sono poi così male come pensavano: è una soddisfazione enorme per me!

I QUADERNI DELLE EMOZIONI

Buongiorno, oggi voglio scrivere un articolo che non parla di memoria, ma di un tema altrettanto per me fondamentale nella vita di una persona: le emozioni!

Sono cresciuta con la credenza che piangere fosse una cosa da deboli, non so quante lacrime ho represso per sentirmi “più forte”, e poi…non bisogna avere paura, ma essere coraggiosi sempre!

Troppo spesso le emozioni vengono sottovalutate, soprattutto quelle dei bambini, perchè quando siamo grandi le emozioni dei piccoli sembrano “banali”.

Per non “banalizzare” basta ripensare a qualche episodio della nostra infanzia dove non ci siamo sentiti capiti e magari ci è stato detto che eravamo stupidi a preoccuparci per così poco….e il punto di vista cambia…

Credo che molti di voi siano andati al cinema a vedere il cartone animato Inside Out. Come spesso succede i film per bambini sono più per adulti e a me è piaciuto tantissimo.

inside_out_2015_movie-wideMi è piaciuto il modo di rappresentare le emozioni, i ricordi e i mondi che si creano attraverso essi, questo più della storia in sè.

Anche i miei due figli (7 e 4 anni) sono rimasti affascinati e dopo il film hanno iniziato a vedere le emozioni con occhi diversi. Mio figlio Diego di 4 anni, un giorno era più arrabbiato del solito e mi ha detto: ”In questo momento in consolle c’è Rabbia!” e allora il fratello più grande gli ha detto ”Fai tornare Gioia!” E si è messo a fargli il solletico e la felicità è tornata!

Ed è stata loro l’idea che vi propongo: hanno deciso di fare i quaderni delle emozioni dove poter esprimere tutto quello che provano.

Abbiamo comprato 5 quaderni, uno rosso per  Rabbia, uno giallo per Gioia, uno verde per Disgusto, uno viola per Paura e uno celeste per Tristezza.

20151015_133518-810x456Cosa scrivere sui quaderni? Tutto quello che proviamo, abbiamo fatto l’elenco di ciò che ci fa essere arrabbiati, felici, tristi, disgustati, impauriti. Ho scoperto che la paura più grande di mio figlio più piccolo è quella di perderci e rimanere solo; quella di mio figlio più grande che suo fratellino si faccia male. E la Gioia più grande? Stare nel lettone tutti e 4 abbracciati!! Sui quaderni si può disegnare, strappare una pagina in un momento di rabbia….insomma tutto quello che poi ci fa stare bene una volta che l’abbiamo fatto.

Mi è sembrata un’idea tanto costruttiva e formativa che ho deciso di condividerla con voi.

Mettetevi all’opera e fatemi sapere.

Buona giornata

Mara Bonucci

STUDIA UN CAPITOLO IN 8 MOSSE

0234065d042f37d5bab4bde44d8ced78Oggi voglio darvi dei consigli per studiare più velocemente.

Bastano 8 mosse:

MOSSA N° 1 – STARE ATTENTI IN CLASSE!

Visto che a scuola siamo obbligati a stare, sfruttiamo al meglio il tempo delle ore di lezione: è importante ascoltare attentamente la lezione. Ho detto ASCOLTARE, NON SENTIRE!

Ascoltare significa avere le orecchie connesse al cervello e essere totalmente presenti con il fisico e la mente. Sentire vuol dire ” sto sentendo l’insegnante che spiega, ma…che bello sarebbe essere a casa a giocare, o…non vedo l’ora di vedere il mio ragazzo /la mia ragazza, ecc…”

Se stai attento alla spiegazione metà del lavoro è già fatto.

  • Ascoltare e prendere appunti, ascoltare le interrogazioni dei tuoi compagni e scrivere le domande
  • stare seduti in modo attivo, non stravaccati sulla sedia con lo sguardo perso nel vuoto!
  • scrivere sul diario tutti  i compiti

MOSSA N° 2 – A CASA: RIPOSO PER 30 MINUTI DOPO IL PRANZO

Appena arrivati a casa è importante riposare, staccare la testa da tutto ciò che è mentalmente impegnativo e faticoso e rilassarsi. Quindi mangia e per mezz’ora divertiti: l’ideale sarebbe stare all’aria aperta. Ma ricordati: non più di mezz’ora… altrimenti perdi la voglia di fare i compiti!

MOSSA N° 3 – STABILISCI UN ORARIO DI FINE

Non hai tutto il pomeriggio per studiare. Datti una scadenza (se fai sport potrebbe essere mezz’ora prima degli allenamenti). Questo ti permette di stare più concentrato.

MOSSA n° 4 – DAI UN ORDINE ALLE MATERIE

Prima fai le materie scritte, che ti tengono più sveglio, poi quelle orali.

Sull’ordine delle materie, ti consiglio di fare prima le più facili e poi le più difficili ( facili o difficili per te, è un concetto relativo) se la giornata non è delle migliori a livello di motivazione. Se invece ti senti grintoso puoi decidere di cimentarti subito con quelle difficili.

MOSSA N° 5 – VISIONE GLOBALE DEL CAPITOLO

La prima cosa su cui concentrarti è la visione del capitolo generale. E’ sbagliato cominciare a leggere subito il primo paragrafo e ripeterlo.

Leggi i titoli dei paragrafi, le sintesi in fondo al capitolo e le domande di verifica (la tua mente sarà orientata a trovare le risposte mentre leggi).

Questo ti permette di avere una visione di insieme: devi chiederti “alla fine dello studio quali sono i grossi argomenti che devo sapere?”

MOSSA N° 6 – SOTTOLINEA

Sottolineare non vuol dire prendere l’evidenziatore fosforescente e rendere il libro tutto giallo! Bisogna trovare le cose importanti e questo lo puoi fare concentrandoti sul titolo del paragrafo che stai leggendo e chiedendoti dove spiega quello che dice il titolo.

MOSSA N° 7 – SCHEMATIZZA CON UNA MAPPA MENTALE

Schematizza, NON riassumi! I riassunti non vanno fatti! Bisogna fare degli schemi inserendo le parole chiave che ti servono per ricordare cosa dire. Per trovarle prova a ripetere il contenuto a parole tue tenendo il libro aperto e guardando in alto. Ogni tanto sarai costretto a dare una SBIRCIATINA per andare avanti perché non ricordi come prosegue. Tutte le volte che dai la sbirciatina prenderai una parola di quelle che hai sottolineate ( se il libro è scritto bene, corrisponde al grassetto). Quelle sono le parole da mettere sulla mappa.

MOSSA N° 8 – RIPETI AD ALTA VOCE

Ripetere ad alta voce è una pre-interrogazione e in questo modo riesci a formulare dei discorsi senza ehmmm, cioè volevo dire che… che danno l’impressione che tu non abbia studiato.

Se hai le domande delle interrogazioni dei tuoi compagni, prova a rispondere come se fosse l’insegnante che te le fa.

In bocca al lupo!!!

Dal sito www.memoriaemetodo.it puoi scaricare un manuale gratuito che si intitola ”Studiare con Successo”

LA SCUOLA CHE VORREI… lettera al Ministro dell’Istruzione

Questo sembra essere un periodo di grandi cambiamenti nel mondo della scuola. La nuova riforma ha previsto molte novità che non sto qui ad elencare.

Sempre più spesso le persone mi chiedono perchè le tecniche di memoria non vengono insegnate a scuola.

Ogni volta che mi sento fare questa domanda è come se mi dessero una “pugnalata”…

Oggi voglio riportare una lettera che trovate alla fine del mio libro ” Memoria & Metodo” (ed.In Mind):

LETTERA APERTA AL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

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Mi piacerebbe molto se questo libro capitasse nelle mani del Ministro dell’Istruzione, poiché si potrebbe rendere conto di quale grande differenza farebbe inserire nella scuola

il programma per imparare a studiare e a memorizzare. Infatti, secondo me, le tecniche di memoria e il metodo di studio andrebbero insegnati a scuola! Così come la storia andrebbe insegnata al contrario: partire dai nostri giorni e vedere come siamo arrivati qui; dedicare più tempo all’attualità e meno alla preistoria.

Materie come scienze, fisica, chimica nascono per dare spiegazioni ai fenomeni osservati in natura, e allora riproduciamoli questi fenomeni o andiamoli a vedere: evitiamo di leggerli solo su un libro.

La scuola italiana è troppo teorica e poco pratica, il ricordo non rimane nel tempo proprio per questo.

Nellascuola che sogno metterei la stanza del bricolage, la cucina, la stanza della creatività e dell’arte, la stanza della musica con tutti gli strumenti, il giardinaggio per imparare l’amore per la natura.

Il teatro, dovrebbe essere una materia obbligatoria e continua per tutta la vita: non esisterebbero più problemi di timidezza nell’esposizione o problemi  nella gestione delle proprie emozioni! Lo sport ha poco senso fatto per due ore a settimana: il corpo si dovrebbe muovere tutti i giorni e non dovremmo farlo esternamente a pagamento, ma dovrebbe essere insegnato a scuola. Ci dovrebbe essere la squadra della scuola di ogni disciplina sportiva e dovrebbe essere un onore entrare a farne parte (neicollege americani funziona così).

I bambini arrivano alle elementari con grandi aspettative. Gli adulti hanno detto loro che tutto quello che sanno s’impara a scuola. Nel momento in cui entra in gioco la valutazione, comincia la competizione, l’abbassamento della stima personale e si sposta l’attenzione dal sapere al dover dimostrare di sapere. È per questo motivo che non ci restano le informazioni che studiamo: l’obiettivo è prendere il voto, minimo la sufficienza per essere promossi. Nel momento in cui questa sufficienza arriva, la nostra mente è come se dicesse:

“Ok obiettivo raggiunto, non mi serve più tenere quello che ho imparato!”. Così dopo poche settimane non ricordiamo più niente anche se abbiamo preso dieci!

Se studiassimo perché qualcuno ci ha fatto capire che quello che impariamo ci serve nella vita o semplicemente ce ne fa apprezzare la vera bellezza, l’impegno, la genialità,

tutti saremmo bravissimi. Non esistono persone portate per lo studio e altre no, dipende tutto dagli stimoli a cui siamo sottoposti.

Alle medie, ad esempio, viene dato un messaggio, secondo me, molto sbagliato dagli stessi insegnanti: sei stato bravo, ti consigliamo i licei; non hai voglia di studiare, ti consigliamo una scuola professionale.

Così, nei centri di formazione professionale e nelle scuole più tecniche, si ha una concentrazione di “svogliati”, compresi i professori che rassegnati si limitano a dire: “Fate quello che volete basta che non disturbiate, tanto non vale la pena sprecare tempo con voi…”. Si fa netta la distinzione tra chi studia e va all’Università (considerato di serie A) e chi vorrebbe andare a lavorare e studia perché obbligato a farlo. Chi va a lavoro sembra di serie B: nella mentalità comune è più bello dire che un figlio è avvocato, anziché muratore. Poi, però, ci sono milioni di avvocati senza lavoro e carenza di muratori specializzati (i più sono quelli che hanno smesso in giovane età di studiare e quindi non sufficientemente professionali.)

 

Se la scuola fosse più pratica, dovrebbe invece esserci un legame diretto con il mondo del lavoro e già con le scuole superiori ci dovrebbe essere una possibilità lavorativa maggiore. Adesso invece sono state tolte le scuole come l’istituto magistrale che abilitava all’insegnamento, ragioneria, tutto è diventato liceo, così i tempi di studio si allungano;

dopo aver fatto tanta fatica e ottenuta la sospirata laurea, ci si aspetta di entrare nel mondo del lavoro, ma la delusione arriva subito: se siamo fortunati, veniamo assunti come

apprendisti fino a trent’anni e poi? Forse continuiamo, forse a casa… i giovani vorrebbero farsi una famiglia, comprare casa, ma nessuna banca dà un mutuo senza garanzie. Secondo me, quindi, è la scuola la base da cui partire per migliorare il sistema lavorativo, non credi anche tu? Le scuole medie dovrebbero essere portate a cinque anni (a quattordici anni sono pochissimi ad avere le idee chiare su cosa fare della propria vita!), ci dovrebbe essere un servizio di orientamento specifico per ogni allievo in modo da scegliere la specializzazione migliore per i tre anni successivi che vada ad abbinare teoria con pratica sul campo. Se le scuole medie fossero di cinque anni si potrebbero spalmare i programmi di storia, italiano, matematica e dare spazio a quelle materie di cui parlavo prima, bricolage,cucina, sport vari, teatro, ceramica e così via.

I professori dovrebbero essere maggiormente selezionati, dopo aver frequentato un percorso di alta formazione che li prepari alla gestione del gruppo, a tenere alta l’attenzione in classe, alla capacità di spiegare ciò che sanno con le giuste modalità.

Non basta più una laurea o un concorso scritto per dare questa abilitazione così importante per la società.

Scrivo ora una cosa che per gli insegnanti di ruolo potrebbe sembrare una follia: credo che non dovrebbero esserci insegnanti assunti a tempo indeterminato, ma che dovrebbero essere rinnovati in funzione di una valutazione fatta a fine anno, sia da supervisori esterni che entrano senza preavviso durante una lezione e ne seguono lo svolgimento, che dagli studenti stessi che per quanto possano sembrare immaturi, a mio avviso, sanno perfettamente riconoscere la validità di un insegnante fin dalla scuola materna (in Inghilterra ad esempio funziona così).

 

I professori validi, che trasmettono passione per la materia che insegnano, sarebbero premiati con dei voti alti, chi non merita verrebbe sostituito, dando magari una possibilità di miglioramento di un anno.

Chissà se davvero qualcuno di “importante” leggerà mai questa mia lettera e se qualcosa cambierà, veramente, nella scuola italiana. Io mi auguro proprio di sì.

Butto lì una possibilità di questionario:

Valutazione docenti

Con molta sincerità e in anonimato dai una valutazione da 0 a 10 su ogni tuo insegnante su questi aspetti:

Professore__________________________________

Chiarezza nelle spiegazioni

Competenza e preparazione

Relazione con la classe

Capacità di coinvolgimento

Passione per la materia insegnata

Giudizio generale

Se sei d’accordo ti prego di far girare questo articolo….magari arriva davvero nelle mani giuste:-)

TUO FIGLIO E’ MOLTO DI PIU’ DEI SUOI VOTI A SCUOLA

27-votiDedico questo articolo a tutti i genitori, quindi anche a me stessa. Sì lo dedico anche a me stessa per rafforzare bene il concetto che i miei figli sono molto di più dei voti che prendono a scuola.

Purtroppo in tempo di pagelle è troppo facile cadere nel giudizio, nel rimprovero e nella gara a chi ha preso il voto migliore.

Avete mai fatto una riflessione seria sul senso del voto?

“Come è andata oggi a scuola? Quanto hai preso all’interrogazione?”. Domande che ci sentiamo fare quando siamo studenti e che ripetiamo ai nostri figli…

Ho letto di recente che quando si diventa genitori sicuramente il primo giorno che arriva nostro figlio a casa c’è uno stravolgimento dell’equilibrio e delle abitudini di coppia; c’è poi un altro giorno che cambia, spesso radicalmente, l’approccio con l’apprendimento di nostro figlio: il primo giorno di scuola elementare!

Fino alla scuola materna nostro figlio dedica tutto il giorno al gioco e ad apprendere attraverso di esso, e tutto va bene. Quando porto mio figlio più piccolo alla scuola materna si respira un aria di pace e tranquillità, senza tensioni… basta girare l’angolo e andare davanti alle elementari che tutto cambia…capannelli sparsi qua e là di mamme che parlano dei compiti per casa, delle maestre ecc… si respira un’aria diversa!

Il piacere di sapere viene sostituito dalla valutazione: nei primi anni di scuola fortunatamente i ragazzi danno ancora poca importanza ai voti, ma sicuramente vedere un “bene” sul proprio quaderno e un “superbravissimo” su quello del compagno di banco crea il meccanismo della competizione che può avere due risvolti: ” Voglio essere più bravo io…Ora ti faccio vedere maestra come sono bravo”; oppure reagisco cominciando a pensare che sono inferiore a lui, non sono abbastanza bravo…deluderò i miei genitori.

Faccio queste riflessioni perchè io appartenevo al “Ti faccio vedere io…” e in tutti i miei anni di scuola ho sempre puntato in alto, sono sempre stata una tra le prime della classe dal primo giorno di scuola all’ultimo dell’Università.

A 40 anni credo che se mi ricordassi solo la metà delle cose che ho imparato sarei un pozzo di scienza! Ma purtroppo quelle nozioni imparate per prendere il voto se ne sono andate nel giro di poco tempo e sapete perchè questo succede? E perchè succede al 98% degli studenti? Perchè studiamo per il voto e non per il piacere di sapere!

E allora facciamo attenzione a dare troppa importanza ai voti: francamente trovo assurdo che già alle elementari ci siano voti in tutte le materie. Servirebbe solo una valutazione generale sul comportamento e su ciò che nostro figlio ha raggiunto rispetto agli obiettivi previsti e dei consigli pratici su come migliorare le sue carenze.

Ridurre tutto l’impegno a un voto è secondo me riduttivo. Quante volte vengono a frequentare i miei corsi studenti frustrati accompagnati da genitori frustrati che mi dicono “Stiamo tutto il giorno a studiare e alla fine all’interrogazione prende 5!”. E in questa frase ci sono due cose che vanno corrette: il voto, ma anche la parola “Stiamo”.

Sul voto la riflessione è: cosa è successo durante l’interrogazione che ha portato l’allievo ad avere una valutazione da 5 nonostante l’impegno? Il professore molto spesso non fa un’analisi in questo senso: si limita a pensare “Non la sai=non hai studiato!”. Bisogna invece capire cosa poter fare perchè quella preparazione che invece c’è, venga fuori. Magari ansia da prestazione, magari metodo sbagliato.

La frase “stiamo a fare i compiti” al plurale mette in evidenza una nuova generazione di genitori: ormai tutti aiutano i propri figli a fare i compiti; io personalmente non ho ricordo di un giorno in cui i miei genitori si sono messi a fare i compiti con me!

Il fatto che questa generazione di genitori abbia un livello culturale più alto rispetto ai “nonni” va sicuramente vista come una risorsa che si riflette sui figli (diciamolo…i nostri figli sono “avanti”!:-)

Il ritorno negativo invece è che spesso i genitori si sostituiscono ai figli nel fare i compiti, o trasferiscono le loro aspettative su di loro.

Quando nella testa cominciamo a pensare ” io mi ricordo che facevo/ non facevo così….” significa che li stiamo paragonando a noi, MA loro NON sono noi!

E l’altra cosa da ricordare è che anche se con le parole diciamo ” Va bene così…sono contento dei tuoi risultati…” ma con il corpo o con le espressioni del viso non siamo coerenti con quel messaggio, per nostro figlio quelle parole andranno nel vuoto e rimarrà impressa nella sua mente la smorfietta di disappunto che tradisce il nostro vero pensiero…che è ” mi aspettavo di più da te…”

In questi anni da genitore ho capito due cose importanti.

Prima cosa: i figli ci osservano e “copiano” i nostri comportamenti, non quello che diciamo: noi siamo un esempio di vita per loro attraverso quello che facciamo, non per quello che diciamo.

Seconda cosa: più vado avanti e più mi rendo conto che i bambini sono i migliori insegnanti del mondo. Basta ascoltarli attentamente e sono loro che vi diranno cosa è meglio fare. Un esempio: quando perdo la pazienza e mi viene da urlare (so che non si dovrebbe fare, ma siamo esseri umani…) mio figlio di 4 anni, che in quel momento è in preda ad una bizza, mi dice con estrema lucidità: “Mamma, se urli non mi calmo più, peggiori le cose! Dammi il tempo di calmarmi!” e quello più grande aggiunge” Ve l’ho già spiegato due volte che urlare non ci fa bene, alla terza non ci voglio arrivare!!”…Prendi e porta a casa:-)

Riflettiamo genitori…riflettiamo…

A presto!

TECNICHE DI MEMORIA E DISLESSIA: ACCOPPIATA VINCENTE!

TECNICHE DI MEMORIA E DISLESSIA: ACCOPPIATA VINCENTE!
Sempre più di frequente mi telefonano persone, soprattutto genitori preoccupati, che mi dicono: “Mio figlio è  dislessico, possono essere utili le tecniche che insegni per un dislessico?”
La mia risposta è sempre le stessa: ” Io non sono un’esperta in dislessia ma tutti i dislessici che hanno frequentato i miei corsi hanno ottenuto dei risultati straordinari!”
In diversi articoli ho già parlato della divisione del cervello in due emisferi: riporto di nuovo, per chi non li avesse letti, lo schema:
emisfericervello
Senza entrare troppo nello specifico e facendo una semplificazione estrema, il dislessico ha l’emisfero destro che domina sul sinistro, la sua visione globale domina su quella lineare, pertanto tutto ciò che è lineare lo mette più in difficoltà.
Quello che segue è stato preso dal sito http://www.aiditalia.org, associazione italiana dislessia, che spiega in breve i principali disturbi dell’apprendimento per chi non sapesse cosa sono:
I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)

I DSA sono disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione.
In base al tipo di difficoltà specifica che comportano, i DSA si dividono in:

DISLESSIA:

dislessia-difficolta-di-lettura

 

disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo;

DISORTOGRAFIA:

disortografia-difficolta-di-redigere-testi-scritti

 

disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nella competenza ortografica e nella competenza fonografica;

DISGRAFIA:

disgrafia-diffiolta-nella-pratica-della-scrittura

 

disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell’abilità motoria della scrittura;

DISCALCULIA:

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disturbo specifico dell’abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri.

Questi disturbi  dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo.
Non sono causati né da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali.

In Italia la dislessia è ancora poco conosciuta, anche se si stima che ci sia almeno un alunno con un DSA per classe.
Leggere, scrivere e calcolare per noi sono atti così semplici ed automatici che risulta difficile comprendere le difficoltà che riscontrano i bimbi o i ragazzi dislessici.
Spesso questi ragazzi vengono erroneamente considerati svogliati e la loro intelligenza spiccata dà il via a valutazioni come “è intelligente ma non si applica”.
Questi ragazzi non hanno problemi cognitivi legati alla comprensione e, al di là dello studio, sono intelligenti, vivaci, socievoli e creativi.

Ecco, mi ha colpito quest’ultima frase: “Questi ragazzi non hanno problemi cognitivi legati alla comprensione e, al di là dello studio, sono intelligenti, vivaci, socievoli e creativi”.

Sento troppo spesso parlare della dislessia come di una “malattia” grave: mio figlio è dislessico, curiamolo. E quale è la cura? Dare degli strumenti che facilitano il percorso scolastico: i libri registrati, la calcolatrice, ecc… Sicuramente ci sarà qualche caso più grave di altri, ma permettetemi di dire “NON SONO D’ACCORDO!” Quell’al di là dello studio nella frase qui sopra mi fa venire i capelli dritti!

E se invece fosse solo un problema di mancanza di giusti strumenti per studiare?

Magari con un metodo di studio adeguato e qualche tecnica di memorizzazione giusta e un po’ di sostegno individuale (che dovrebbero avere tutti gli studenti,secondo me) il problema si risolve! Dare delle “scorciatoie”, degli strumenti che facilitano, è davvero un aiuto? Io lo vedo invece come un modo per non spronare questi ragazzi a dare di più.

Ci sono tante testimonianze di persone dislessiche che sono diventate famose, primi tra tutti Einstein, Galileo e Leonardo da Vinci.

Tra le tecniche che insegno io suggerisco soprattutto l’utilizzo delle mappe mentali e delle tecniche di lettura veloce. Entrambe sfruttano la visione globale, quindi un dislessico si trova avvantaggiato. Attenzione: ho detto mappe mentali non concettuali! Che differenza c’è?. Te lo mostro con due immagini:

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La prima è una mappa concettuale: il vantaggio è avere una visione di insieme su un unico foglio, ma a livello di ricordo nel tempo non è efficace perchè si ricordano i riquadri ma non il contenuto.

La seconda è una mappa mentale che si differenzia principalmente per la presenza di disegni. Meglio se costruita a mano perchè mentre la mappa viene costruita, viene anche memorizzata.

Trovate tanti consigli sul loro utilizzo sul mio libro “Memoria & Metodo” ed. In Mind

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Per la lettura veloce vi consiglio invece il mio libro “Lettura & Metodo”  ed. In Mind ricco di tantissimi esercizi pratici.

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Ritornerò comunque sull’argomento “dislessia” con altri articoli.

A presto

Mara Bonucci