LA SCUOLA CHE VORREI… lettera al Ministro dell’Istruzione

Questo sembra essere un periodo di grandi cambiamenti nel mondo della scuola. La nuova riforma ha previsto molte novità che non sto qui ad elencare.

Sempre più spesso le persone mi chiedono perchè le tecniche di memoria non vengono insegnate a scuola.

Ogni volta che mi sento fare questa domanda è come se mi dessero una “pugnalata”…

Oggi voglio riportare una lettera che trovate alla fine del mio libro ” Memoria & Metodo” (ed.In Mind):

LETTERA APERTA AL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

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Mi piacerebbe molto se questo libro capitasse nelle mani del Ministro dell’Istruzione, poiché si potrebbe rendere conto di quale grande differenza farebbe inserire nella scuola

il programma per imparare a studiare e a memorizzare. Infatti, secondo me, le tecniche di memoria e il metodo di studio andrebbero insegnati a scuola! Così come la storia andrebbe insegnata al contrario: partire dai nostri giorni e vedere come siamo arrivati qui; dedicare più tempo all’attualità e meno alla preistoria.

Materie come scienze, fisica, chimica nascono per dare spiegazioni ai fenomeni osservati in natura, e allora riproduciamoli questi fenomeni o andiamoli a vedere: evitiamo di leggerli solo su un libro.

La scuola italiana è troppo teorica e poco pratica, il ricordo non rimane nel tempo proprio per questo.

Nellascuola che sogno metterei la stanza del bricolage, la cucina, la stanza della creatività e dell’arte, la stanza della musica con tutti gli strumenti, il giardinaggio per imparare l’amore per la natura.

Il teatro, dovrebbe essere una materia obbligatoria e continua per tutta la vita: non esisterebbero più problemi di timidezza nell’esposizione o problemi  nella gestione delle proprie emozioni! Lo sport ha poco senso fatto per due ore a settimana: il corpo si dovrebbe muovere tutti i giorni e non dovremmo farlo esternamente a pagamento, ma dovrebbe essere insegnato a scuola. Ci dovrebbe essere la squadra della scuola di ogni disciplina sportiva e dovrebbe essere un onore entrare a farne parte (neicollege americani funziona così).

I bambini arrivano alle elementari con grandi aspettative. Gli adulti hanno detto loro che tutto quello che sanno s’impara a scuola. Nel momento in cui entra in gioco la valutazione, comincia la competizione, l’abbassamento della stima personale e si sposta l’attenzione dal sapere al dover dimostrare di sapere. È per questo motivo che non ci restano le informazioni che studiamo: l’obiettivo è prendere il voto, minimo la sufficienza per essere promossi. Nel momento in cui questa sufficienza arriva, la nostra mente è come se dicesse:

“Ok obiettivo raggiunto, non mi serve più tenere quello che ho imparato!”. Così dopo poche settimane non ricordiamo più niente anche se abbiamo preso dieci!

Se studiassimo perché qualcuno ci ha fatto capire che quello che impariamo ci serve nella vita o semplicemente ce ne fa apprezzare la vera bellezza, l’impegno, la genialità,

tutti saremmo bravissimi. Non esistono persone portate per lo studio e altre no, dipende tutto dagli stimoli a cui siamo sottoposti.

Alle medie, ad esempio, viene dato un messaggio, secondo me, molto sbagliato dagli stessi insegnanti: sei stato bravo, ti consigliamo i licei; non hai voglia di studiare, ti consigliamo una scuola professionale.

Così, nei centri di formazione professionale e nelle scuole più tecniche, si ha una concentrazione di “svogliati”, compresi i professori che rassegnati si limitano a dire: “Fate quello che volete basta che non disturbiate, tanto non vale la pena sprecare tempo con voi…”. Si fa netta la distinzione tra chi studia e va all’Università (considerato di serie A) e chi vorrebbe andare a lavorare e studia perché obbligato a farlo. Chi va a lavoro sembra di serie B: nella mentalità comune è più bello dire che un figlio è avvocato, anziché muratore. Poi, però, ci sono milioni di avvocati senza lavoro e carenza di muratori specializzati (i più sono quelli che hanno smesso in giovane età di studiare e quindi non sufficientemente professionali.)

 

Se la scuola fosse più pratica, dovrebbe invece esserci un legame diretto con il mondo del lavoro e già con le scuole superiori ci dovrebbe essere una possibilità lavorativa maggiore. Adesso invece sono state tolte le scuole come l’istituto magistrale che abilitava all’insegnamento, ragioneria, tutto è diventato liceo, così i tempi di studio si allungano;

dopo aver fatto tanta fatica e ottenuta la sospirata laurea, ci si aspetta di entrare nel mondo del lavoro, ma la delusione arriva subito: se siamo fortunati, veniamo assunti come

apprendisti fino a trent’anni e poi? Forse continuiamo, forse a casa… i giovani vorrebbero farsi una famiglia, comprare casa, ma nessuna banca dà un mutuo senza garanzie. Secondo me, quindi, è la scuola la base da cui partire per migliorare il sistema lavorativo, non credi anche tu? Le scuole medie dovrebbero essere portate a cinque anni (a quattordici anni sono pochissimi ad avere le idee chiare su cosa fare della propria vita!), ci dovrebbe essere un servizio di orientamento specifico per ogni allievo in modo da scegliere la specializzazione migliore per i tre anni successivi che vada ad abbinare teoria con pratica sul campo. Se le scuole medie fossero di cinque anni si potrebbero spalmare i programmi di storia, italiano, matematica e dare spazio a quelle materie di cui parlavo prima, bricolage,cucina, sport vari, teatro, ceramica e così via.

I professori dovrebbero essere maggiormente selezionati, dopo aver frequentato un percorso di alta formazione che li prepari alla gestione del gruppo, a tenere alta l’attenzione in classe, alla capacità di spiegare ciò che sanno con le giuste modalità.

Non basta più una laurea o un concorso scritto per dare questa abilitazione così importante per la società.

Scrivo ora una cosa che per gli insegnanti di ruolo potrebbe sembrare una follia: credo che non dovrebbero esserci insegnanti assunti a tempo indeterminato, ma che dovrebbero essere rinnovati in funzione di una valutazione fatta a fine anno, sia da supervisori esterni che entrano senza preavviso durante una lezione e ne seguono lo svolgimento, che dagli studenti stessi che per quanto possano sembrare immaturi, a mio avviso, sanno perfettamente riconoscere la validità di un insegnante fin dalla scuola materna (in Inghilterra ad esempio funziona così).

 

I professori validi, che trasmettono passione per la materia che insegnano, sarebbero premiati con dei voti alti, chi non merita verrebbe sostituito, dando magari una possibilità di miglioramento di un anno.

Chissà se davvero qualcuno di “importante” leggerà mai questa mia lettera e se qualcosa cambierà, veramente, nella scuola italiana. Io mi auguro proprio di sì.

Butto lì una possibilità di questionario:

Valutazione docenti

Con molta sincerità e in anonimato dai una valutazione da 0 a 10 su ogni tuo insegnante su questi aspetti:

Professore__________________________________

Chiarezza nelle spiegazioni

Competenza e preparazione

Relazione con la classe

Capacità di coinvolgimento

Passione per la materia insegnata

Giudizio generale

Se sei d’accordo ti prego di far girare questo articolo….magari arriva davvero nelle mani giuste:-)

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